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Il mestiere d'attore: incontro con Rolando Ravello
di Luca Bandirali


Ettore Scola: un secondo padre. Marcello Mastroianni: un modello. Sono alcuni fra i riconoscimenti più significativi che Rolando Ravello, attore romano di fama recente (ha esordito in "Romanzo di un giovane povero" con Alberto Sordi), distribuisce con grande garbo e con estrema sincerità a questi grandi personaggi del cinema italiano. Di Scola, Mastroianni diceva: "Ha humour, è intelligente; con lui, sul set, si può esprimere una piccola idea, e se è buona l'accetta". Insieme hanno girato sette film, alcuni dei quali memorabili. Invece il sodalizio tra il regista di "Una giornata particolare" e Rolando Ravello è appena al secondo episodio, ma ci sono buoni motivi per indovinare tra i due l'ottima sintonia, l'identità di vedute, la partecipazione che uniscono il film-maker e l'attore prediletto. Incontriamo Ravello a Pescocostanzo, in occasione della presentazione del suo ultimo corto ad una rassegna estiva; lucidissimo, consapevole, ci parla di Scola, del mestiere d'attore, della scena italiana, cominciando proprio dall'ultima fatica, l'attesissimo "La cena".

Rolando Ravello: "Il film ruota attorno ad una cena, ripresa praticamente in tempo reale, ed è interpretato da ben quaranta attori. L'azione si svolge in un ristorante all'interno di un casale: ad ogni tavolo corrisponde una storia, che nasce dai rapporti tra gli avventori, e Scola, con la macchina da presa, va ad indagare questi rapporti umani. Ogni situazione differisce dall'altra: ad un tavolo si ride, ad un altro si pensa. Il filo rosso che collega i tavoli è dato dai personaggi di Vittorio Gassman e Fanny Ardant."


dal film -la cena-

LB: Qual è il ruolo che interpreti?
RR: "Il mio è un ruolo con degli accenti comici, sono un ragioniere sfigato, ed arrivo in questo ristorante perché l'oroscopo del giorno mi ha predetto un incontro che mi cambierà la vita. Ogni persona che vedo, credo sia quella giusta: finchè non si siede al mio tavolo un mago (interpretato da Antonio Catania), che probabilmente risolverà i miei (e i suoi) problemi."
LB: Dopo un film claustrofobico, crudele come "Il romanzo di un giovane povero", Scola gira un film corale, e certo più accessibile...secondo te sta guardando indietro (magari a un film come "La famiglia", con un cast simile)?
RR: "No, non mi sembra affatto che lui si stia guardando indietro, per cercare di riavere un successo commerciale. Anzi vedo "La cena" come un film proiettato in avanti...pensa che nel film c'è un tavolo con ragazzini di 14-15 anni; come vedi Scola sta anche cercando di avvicinare tematiche che, a rigor di logica, dovrebbero essergli estranee, dato che ha 65 anni…"
LB: Ettore Scola rimane un regista essenzialmente legato al momento della scrittura cinematografica?
RR: "Sì, lui è anzitutto un regista-scrittore. Ma analizza con costanza ed anche pedanteria tutti i momenti del film: sta mesi sulla sceneggiatura, e diversi mesi anche sul set, più di quanto gli stessi produttori vorrebbero...e poi passa molto tempo al montaggio, che trova essenziale. Pensa che la prima versione de "La cena" durava circa tre ore, ridotte a due nella versione definitiva."
LB: Come lavora, sul set, questo regista-scrittore?
RR: "Lavorare con Scola è bellissimo. Per "La cena" è stato fatto un lavoro particolare: sono stati convocati tutti gli attori una settimana prima di girare, nel casale in cui si svolge il film, per leggere il copione e fare delle prove. Ci è stato assegnato una specie di compito per casa: Scola ha chiesto ad ognuno di noi di scrivere o raccontare, nei giorni successivi, la storia del proprio personaggio, anche al di fuori della vicenda narrata nel film."
LB: È un approccio molto teatrale alla messa in scena...
RR: "È vero. D'altra parte Scola adora il teatro, spesso utilizza al cinema attori di teatro; attraverso quel procedimento è riuscito a far entrare ogni attore nel personaggio, con tutte le scarpe e tutti i vestiti. Poi, una volta iniziate le riprese, ha girato il film rispettando lo sviluppo cronologico dell'azione…insomma il tempo reale della cena, circa due ore e mezza, coincide con il tempo del film, quindi, per tornare al teatro, questo film rispetta i principi di unità di luogo, di tempo e di azione."
LB: Sei alla seconda esperienza con quest'autore importante; puoi essere definito "l'attore di Scola"?
RR: "Questo non lo so! Devo dire che con lui c'è un rapporto molto particolare, tanto che per me è diventato un secondo padre...


...insomma se essere l'attore di Scola significa continuare questo rapporto, allora d'accordo; certo non mi paragono assolutamente agli altri attori di Scola, che erano Mastroianni, Troisi...un'altra categoria."
LB: Come ti spieghi l'avversione che una parte della critica italiana ha manifestato per le opere recenti di registi come Monicelli, Risi, lo stesso Scola?
RR: "L'unica spiegazione è che il cinema italiano degli ultimi anni, è un cinema che fa acqua da tutte le parti. Allora forse i critici si sono scagliati contro i vecchi registi, perché sperano nell'avvento di giovani autori, per un ricambio che non c'è. Personalmente non trovo giusto prendersela con quei maestri, non tolgono spazio a nessuno...è vero invece che i giovani sono penalizzati dal sistema produttivo italiano, difficilmente propenso a rischiare sui nomi nuovi. Comunque penso che i grandi maestri abbiano ancora qualcosa da dire."
LB: Visto che ci siamo, parliamo ancora di cinema italiano; avrai notato che ogni dieci anni si torna a parlare dei comici…prima c'erano i romani, poi i napoletani, adesso i toscani !
RR: "Sai, il comico in Italia, anche oggi, è l'unico genere cinematografico vendibile, ed è concepito e realizzato per finire, se non nella provincia, al massimo all'interno dei confini nazionali. Il comico puro, come Benigni, che viene capito e apprezzato allo stesso modo da noi e all'estero, è rarissimo (mi viene in mente il solo Antonio Rezza, ndr) , e generalmente è ostacolato dalla produzione, che preferisce puntare sulla commedia regionalista, che garantisce un guadagno sicuro e immediato."
LB: A te che non sei un comico di professione, ma un attore, voglio fare questa domanda: esiste una recitazione specificamente cinematografica ?
RR: "La recitazione cinematografica esiste. Ci sono poi registi che sanno dirigere cinematograficamente gli attori, e registi che non lo sanno fare. Scola, per esempio, sa farlo, e infatti ne "La cena" ci sono delle prove d'attore grandiose. Credo però che in Italia sia andata persa la tradizione dell'attore, sia al cinema che a teatro. C'è un'improvvisazione dilagante, quando invece la recitazione si può studiare, esistono regole fisse, da seguire scrupolosamente. Una recitazione cinematografica di alto livello è paragonabile artisticamente…(ci pensa un attimo) E poi secondo me con l'arte questo mestiere non c'entra per niente, ha più a che fare con la psicologia, con i casi umani…non è arte."


dal film -la cena-

LB: Parliamo di modelli di recitazione: c'è una generazione di attori che si è formata guardando il cinema hollywoodiano degli anni '40 e '50, i divi alla Grant e alla Gable, un'altra che ha amato follemente gli italo-americani, Pacino, De Niro…chi ti ha ispirato all'inizio?
RR: "Non mi hanno ispirato gli americani, anche se apprezzo molto Dustin Hoffman. Lì poi c'è una cultura della recitazione completamente diversa, c'è il metodo di Strasberg, di matrice stanislavskiana. In Italia c'è una scuola diversa: intanto c'è la scuola di quello che si mangia il panino fino a un secondo prima di apparire in scena, e così entra nel personaggio! Per quanto mi riguarda, gli attori ai quali aspiro ad assomigliare, col tempo, sono Gian Maria Volontè e Marcello Mastroianni, i più bravi in assoluto. Per la capacità di trasformarsi nel personaggio, che è la vera qualità dell'attore. Quello che invece c'è in questo momento in Italia è l'attore-carattere, che è chiamato sempre a fare le stesse parti, e che così azzera la grande tradizione degli attori italiani."



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31 agosto 1998
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