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intervista a Mimmo Calopresti

di Renato Chiocca


Conversazione con Mimmo Calopresti.
Registrazione del 1 Giugno 1998 a cura di Renato Chiocca.

Renato Chiocca: La protagonista de La Parola Amore Esiste, ha un colore per ogni cosa un sentimento, una sensazione: definirei il film con un arancione, solare ma non accecante, vivace ma non invadente.
Mimmo Calopresti: È vero in fondo è anche il colore di Roma !
RC: Da che idea sei partito per scrivere la sceneggiatura di questo film ?
MC: Tutta la storia della nevrosi è vera, esiste ed è diagnosticata anche in forme più gravi e si chiama TOC, turbe ossessive compulsive. Ci sono persone che non riescono a vivere la loro vita perchè sono completamente condizionate da questa nevrosi. In questo caso appare come un forma di protezione, di scaramanzia personalizzata attraverso cui uno cerca con i propri segni, il proprio intuito, i propri colori di far andare la vita secondo i propri desideri, che infondo è la cosa più difficile di tutte. Mi è venuta in mente perchè questa malattia dava questa possibilità di pensare che attraverso una serie di formule era possibile un controllo della vita della protagonista. In verità l' idea di scrivere questo film è venuta ascoltando gruppi di amiche che, come inizia il film, si raccontano delle proprie vicende sentimentali con forti chiacchere intorno all'amore. Quindi valeva la pena farci un film in fondo è una forma di nevrosi anche quella: parlarne a tutti i costi e trovare per forza una definizione giusta sul perchè si vive.
RC: Avevi già dall'inizio deciso di cambiare registro nella narrazione passando da un film di impegno civile ad un genere più leggero ?
MC: Diciamo di sì, ma sai questo film non lo ritengo meno importante dell'altro: come discorsi che si affrontano, perchè comunque è un argomento che fa parte della vita delle persone. Dietro la parola amore spesso sono nascoste tante altre cose che non sono classificate come sociali ma che alla fine ci coinvolgono: si parla di solitudine, di incapacità di comunicare, di guarire le proprie nevrosi. Occuparsi di sentimenti non è meno importante che di occuparsi di politica, quindi penso di aver continuato a far film di impegno civile.
RC: La protagonista è ancora Valeria Bruni Tedeschi (vincitrice del David di Donatello come miglior attrice protagonista). Ha in qualche modo influenzato la definizione del personaggio e della sceneggiatura ?
MC: Lei ha collaborato ai dialoghi insieme ad una sua amica regista francese, con cui avevo iniziato a parlare di questo film. L' ha influenzato come tutte le persone che lavorano con me, entrando dento il film e cercando di capire che film sto facendo, forse all' inizio poteva non essere anche la progonista, insomma non è stato scritto a posta per lei. Alla fine si è ritrovata ad esser lei la protagonista del film soprattutto per la compatibilità con il mio modo di lavorare con gli attori, discutere, capire, fare, provare anche perchè il film è stato costruito molto a lungo nel tempo...
RC: Un film che è cresciuto insieme praticamente...
MC: Ma si, in fondo è stato scritto insieme a Heidrun Schleef e Francesco Bruni, con i quali ho scritto anche La Seconda Volta, quindi alla fine è un film molto scritto in cui sono importanti le parole, poi Valeria è fondamentale per come io faccio cinema e per il suo tipo di recitazione attraverso il quale è stata direttamente coinvolta nel film.
RC: Anch' io ho notato che è un film prevalentemente scritto, con una buona sceneggiatura di base...
MC: È un film in cui ci sono tanti dialoghi quindi è difficile...
RC: A proposito è stata difficile l' attuazione, passare dalla sceneggiatura...
MC: Alle riprese dici ?
RC: Mmm...
MC: Devo dire no, perchè con gli attori lavoro un pochino sulle parole, sul loro uso, sulle frasi e sulle cose da dire. Il film l'ho un pochino verificato da me...mentre lo scrivevo stavo intanto preparandolo...stavo guardando i posti dove girare...stavo incontrando gli attori con cui farlo, quindi le cose che stavo scrivendo hanno avuto una vera fase di verifica e poi di riscrittura creando un equilibrio tra quello che si scriveva e quello che poi avrei dovuto rappresentare sul set. C'è anche una cosa importante nella continuità, c'è la mia presenza dentro il film da quando si scrive a quando si va a girare. Ho un gran bel rapporto con gli sceneggiatori nonostante i miei continui cambiamenti...
RC: Non sei un perfezionista, non ti prepari la scena con lo storyboard...
MC: Cambio continuamente, sono un perfezionista in altre cose, cercando di far la scena il meglio possibile però se c'è qualcosa da cambiare nel contesto lo faccio.
RC: Infatti come La Seconda Volta, questo è un film particolarmente basato sull' implicito e sul non detto, perciò penso che gli attori abbiano un ruolo fondamentale, però questi fattori riescono ad essere funzionali nel racconto senza essere troppo pesanti, anche perchè spesso quando si vuole rappresentare il pensiero di un personaggio si cade nello stucchevole e nel didascalico.
MC: Bè sai li bisogna avere la fortuna di avere attori bravi con cui lavorare e andare avanti...d' altro c'è il fatto di aver fortuna a costruirla una scena, un' atmosfera cose per le quali mi piace aspettare che vengano da sole, perchè non è detto che riesci ad avere quello che ti aspettavi, perè devi metterti nelle condizioni più vicine a quello che vuoi ottenere. Poi insomma il cinema non è ancora una macchina scientifica che mette tutto in movimento, almeno non in questo tipo di film, forse nei film scientificamente sotto controllo, ma in questi direi proprio di no.
RC: I film di Kubrick per esempio sono "scientificamente sotto controllo"...
MC: Probabile, ecco ci sono dei registi bravissimi a tener sotto controllo tutta la costruzione di un film. Invece io mi metto nella posizione più vicina possibile non pretendo di dimostrare scientificamente quello che sto facendo.
RC: Ci sono alcuni attori, come Roberto de Francesco, Valeria Milillo o Marina Confalone, presenti anche nel tuo primo lungometraggio. Qual' è il loro rapporto con il tuo immaginario cinematografico e con le atmosfere che vuoi creare ? Riesci a vedere i loro volti durante la scrittura del film ?
MC: In genere èèuna cosa che cerco di non fare mai per concedermi maggiori libertà nella definizione dei personaggi è anche un modo per cercare di scoprire qualcuno di nuovo poi magari non ci riesco e lavoro sempre con gli stessi ma ci provo.
RC: Il tuo film riesce a non rendere invadente la patologia della protagonista nella narrazione, si evince un certo equilibrio tra linguaggio filmico e linguaggio cinematografico...
MC: In realtà la cosa che non volevo era fare un film sulla malattia ma sull' amore, quindi avevo assolutamente la necessità di non farla diventare troppo importante. Penso di aver compiuto un lavoro di equilibrio, di cose viste e rielaborate; forse giocando semplicemente sull' intuizione che quel tipo di nevrosi esista anche se non è definita così fortemente.


Quello che temevo era quell' immaginario di cliniche, lughi di malattia dell' anima, quindi non l' ho esaltato perchè penso che si fa dell' eccesso solo per paura di comunicazione: non penso che l' eccesso chiarisca, si può anche chiarire attraverso toni più sommessi; spesso chi avrebbe bisogno di urlare sta zitto e tace.
RC: Cosa pensi della guarigione o del modo di uscire da una nevrosi ?
MC: Ho cercato di rappresentare un' inizio di guarigione. Dato che la guarigione è l' inizio di un cammino, forse potresti fare un film sul percorso di una guarigione, non volevo sottolinearla, solo accennarla in modo da aver rispetto di cosa è e di come è difficile affrontarla, cosa che io non volevo risolvere in una battuta di un film.
RC: Tu ti crei il ruolo dello psicanalista, che appare essere il personaggio più antipatico che fa scattare nella protagonista un principio di aggressività. Come vedi la figura dello psicanalista ?
MC: Penso che l' analisi è una possibilità che non sempre riesce, dipende anche dalla compatibilità tra paziente e psicanalista, che in questo caso è in crisi. Lui cerca di fare il proprio mestiere illustrandole la verità, ma in quel momento la verità lo fa apparire magari più antipatico rendendo lei più aggessiva. Tra loro c' è una possibilità di incontro mancato, come potrebbe accadere con la madre, l' amica o la vicina di casa, ma di onestà del dottore nei suoi confronti che la congeda consapevole della loro incompatibilità. Inoltre uno spera di essere unico tra i pazienti, ma quando scopre che non è così diminuisce la fiducia per lasciar spazio ad una piccola crisi.
RC: Cosa mi dici dei personaggi di Fabrizio Bentivoglio e Gerard De Pardieu ?
MC: Per quanto riguarda Fabrizio avevo intenzione di far trasparire il suo lato più fragile, scomponendo il suo personaggio di seduttore o tutto d' un pezzo. Mentre per De Pardieu, era prevista una sua partecipazione nella produzione invece, avendo scritto un personaggio a lui consono, alla fine mi è rimasto come amico e ho voluto inserirlo come attore in maniera affettuosa. Gli affetti sai sono importanti.
RC: È bello di come tu parli della tua amicizia soprattutto in un mondo che dall' esterno appare pieno di rivalità e competizione.
MC: È vero, però in fondo trovi anche le persone con cui lavori e ti trovi bene, è un po come tutti i lavori, come la vita, combatti per ottenere qualcosa scoprendo nuovi amici. RC: Il tuo passato professionale è stato di carrattere documentaristico, soprattutto attraverso l'uso del video. A cosa hai rinunciato nel passare dal video alla cinepresa?
MC: La differenza sostanziale sta nella troupe che ti porti dietro, in confronto a prima mi muovo con meno agilità, però raggiungo risultati migliori a livello qualitativo. C'è una enorme differenza di peso tra le due tecniche, quindi cambia anche il peso del racconto.
RC: Il linguaggio si oppone con differenti caratteri.
MC: Si, il video ha una immagine totalmente diversa, dal punto di vista fotografico la cinepresa ovviamente ti da più soddisfazione. Il video ti da in compenso una immediatezza dell'immagine che la pellicola non ha, che è positiva ma spesso meno importante, nonostante la sua spontaneità. Alla fine però sei tu con la tua personalità che rendi tue le immagini che raccogli, sta alla tua sensibilità raccogliere quello che per te è il meglio.
RC: Come ti sei trovato a Cannes per la seconda volta ?
MC: A dir la verità mi son trovato bene, anche perchè non essendo in concorso, ho vissuto questo festival con meno tensione. È stato bello inaugurare la Quinzaine des rèalisateurs, una apertura che sembrava una festa ed ero contento di essere li. Cannes è un grande mercato, nel quale hai la possibilità di mostrare il tuo film ad una grossa attenzione internazionale.
RC: Come è stato il riscontro del pubblico e della stampa ?
MC: Le proiezioni erano "stracolme di gente", sinceramente me ne aspettavo un pò meno. Non sempre sei convito che le cose possano funzionare quando ti trovi in un posto come quello. La stampa francese ha accolto il film abbastanza bene ma si capirà meglio quando uscirà in Francia a settembre. Il film è stato venduto in Germania, in Svizzera e in una serie di nazioni europee, quindi è abbastanza gratificante raggiungere un minimo livello di internazionalità. Sono stato invitato al festival di New York, ma uscire negli Stati Uniti è molto difficile, li rimango relativamente chiuso nel circuito controllato dei festval dove le critiche che ricevi non sono mai troppe, positive e negative che siano.
RC: Come consideri il cinema italiano in relazione agli ultimi tempi ?
MC: Il passato è stato un anno eccezionale, con una serie di interessamenti dei privati e dello stato rispetto al cinema, sinceramente aspetterei settembre per il festival di Venezia perchè ci sono troppi film che sono stati fatti ma non sono ancora usciti, bisogna capire se c'è un cinema di qualità che abbia anche il pubblico dalla sua, non dico il grande pubblico ma anche se uno non fa un film per avere l' attenzione del pubblico, "lo fa per tante cose", si deve capire la sua reazione a questo tipo di investimento finanziario, culturale e sentimentale.
RC: Non dico subito ma cosa pensi per un eventuale prossimo lavoro ?
MC: Devi sapere che un regista ha sempre qualcosa in mente, il problema è capire quando diventa reale, e se lo scopri cominci a capire che sei pronto per inziare un film, ma quando succederà questo è ancora da scoprire.

Trascrittura ultimata il 6 luglio 1998.



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26 agosto 1998
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