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cinema 1997

3. 1997 città invisibili

di Roberta Bottan


Ho rivisto qualche giorno fa L'Esercito delle Dodici Scimmie. Una sua immagine mi ha particolarmente colpito, mi ha fatto pensare ad altri film, ad altre immagini.
Il genere umano, dopo essere stato quasi sterminato da un virus, ha abbandonato la superficie per vivere sottoterra. L'immagine è quella che mostra Filadelfia, all'inizio del film, disabitata, spenta, tra le cui strade si aggirano, come in una giungla, animali feroci. La terra è tornata loro. Immediatamente mi sono ricordata di un personaggio inquietante, oscuro, del cinema di Kubrick, il Dr. Stranamore. Mi è tornato in mente col suo colorito esangue, gli occhialetti scuri, nel suo angolo d'ombra, mentre, con folle lucidità, propone di far vivere, in seguito all'esplosione dell'ordigno Fine del Mondo, il genere umano in fondo alle miniere, di creare una civiltà sotterranea, controllata da un cervello elettronico, assolutistica.

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Gli spazi del futuro, le sue città, da sempre il cinema prova ad immaginarli, cerca di rappresentarli sulla base degli elementi che al riguardo il presente gli offre, sulla base delle nostre paure. Quasi sempre si tratta di spazi al limite della vivibilità, a causa di qualche spaventosa catastrofe, di città caotiche, opprimenti, malate, dove l'aria è irrespirabile, coperte da cieli lividi, violacei.
Penso a Blade Runner, al suo essere un punto di riferimento fondamentale per tutto il cinema del genere, al suo spazio. Da città che sfrutta gli archetipi dell'architettura postmoderna, la Los Angeles di Scott si è lei stessa trasformata in archetipo visivo. È la città fantastica di un futuro prossimo, reale, coacervo di razze, immersa nell'umidità della pioggia acida, luogo edificato orizzontalmente ma spezzato da torri, pannelli pubblicitari a cristalli liquidi e coni di fumo che si disperdono bruciando con i vapori dello smog. Ma un altro film mi sembra per le sue visioni particolarmente significativo: Fino alla Fine del Mondo di Wim Wenders.
Venezia, Parigi, Berlino, Lisbona, Mosca, Tokyo, San Francisco, vi sono descritte come saranno nel 1999, a un passo dalla loro fine. Il regista tedesco gioca sull'accostamento tra vecchio e nuovo, sul fascino dei contrasti. Berlino è diventata una megalopoli ultramoderna, ma il suo traffico è cosė intenso che l'unico mezzo per poterla attraversare è una bicicletta.



E lì come altrove la gente attende con indifferenza che un satellite nucleare impazzito precipiti sulla terra, la fine del mondo. Rifugiarsi nei sogni, in altre dimensioni , sembra l'unica alternativa possibile. Penso ai filoviaggi di Strange Days, al loro essere l'unico modo per continuare a sentire in un mondo in cui provare reali emozioni è diventato troppo pericoloso. Alla Los Angeles che lì viene descritta, impossibile da percorrere a piedi. Mi sembra che il cinema nel costruire gli spazi del futuro si stia impadronendo di una nuova frontiera, quella elettronica. Nirvana di Salvatores disegna mappe, agglomerati, quartieri di un ipotetico e possibile mondo futuro, ma è anche un continuo innescare viaggi in mondi paralleli, dove lo spazio è concepito secondo regole diverse.
In Johnny Mnemonic è nella realtà virtuale che si decidono le sorti del pianeta, nei labirinti della rete, dove l'uomo rischia di perdersi per sempre. I cyborg sono per il cinema i nuovi cittadini del mondo, con le loro malformazioni, le loro spaventose malattie. L'ultima città del futuro costruita dal cinema è la megalopoli verticale di Luc Besson nel Quinto Elemento, una New York a metà strada fra Blade Runner è un fumetto di Metal Hurlant, luogo destinato a rimanere a lungo impresso nella memoria cinematografica collettiva.
È la città che ha dovuto svilupparsi in altezza per raggiungere l'aria, perché lo smog e i rifiuti hanno reso invivibile la superficie terrestre. Visione delirante e profetica che mi riporta dove avevo cominciato, a L'Esercito delle Dodici Scimmie, alla sua civiltà sotterranea, perché i due film sono, in termini di strategie spaziali, uno l'opposto dell'altro. Due modi di vedere il necessario abbandono delle attuali condizioni di vita da parte dell'uomo, visioni fantastiche ma anche inquietanti, oggi, quando in Giappone già esistono spiagge tropicali e stazioni sciistiche al chiuso. Dopo la città di Besson ci sono i viaggi nello spazio, nel tempo, nei mondi virtuali, ma anche l'acqua, estrema ed apocalittica, di Waterworld.



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5 febbraio 1998
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