incontri ravvicinati
Home Page


cinema 1997

1. 1997 mutazioni

di Francesca Capobianchi


Qualche giorno fa mi capitava di rivedere in televisione il remake di "Frankenstein", di Kenneth Branagh, e di soffermarmi alcuni minuti a riflettere sulla creatura qui impersonata da Robert De Niro, dagli atteggiamenti e dalle espressioni quasi umani. È un prototipo di tutti quegli umanoidi, quegli esseri spaventosi che invadono il grande schermo, e che sono diversi nell'aspetto, nella natura, deformati nel corpo, con protesi meccaniche o elettroniche, o anche animali dall'intelligenza distruttiva e violenta, come le scimmie per esempio ("King Kong" è un classico di questo genere), ma anche i dinosauri (riportati in vita per la seconda volta da Steven Spielberg ), di alieni (qui la lista è lunghissima, due titoli per tutti, "Mars Attacks!" di Tim Burton, un film divertente e molto ironico di questo anno, e il campione di incassi "Men in black" di Ed Solomon). A Natale uscirà, già presentato al "Noir in Festival" di Courmayeur, il nuovo episodio della serie "Alien", girato per la prima volta da un europeo, Jean-Pierre Jeunet (di "Delikatessen"). In particolare in "Alien Resurrection" il tenente Ripley, Sigourney Weaver, sacrificatasi nel 3° capitolo per non far nascere il mostro che portava in grembo, attraverso un complicato intervento di clonazione di alcune sue cellule, torna in vita insieme all'alieno.

mutazioni

Qui la fantascienza apre spunti sulla nostra natura ibrida, contaminata; l'essere umano è sempre meno umano e sempre più esperimento. È persino possibile asportare il volto, trasportarne le fattezze su un altro, cambiare il tipo di pelle, ci ha mostrato John Woo, nel suo formidabile "Face/Off". Non c'è più nessuna frontiera: l'umano non costituisce più uno specifico. Freud sosteneva che l'umanità intera aveva subito 3 grosse ferite narcisistiche: con Galileo, che la toglieva dal centro del mondo; con Darwin che mostra come sia una semplice discendenza della scimmia, e la terza con Freud poiché essa non è neanche più sicura del suo stesso "io", essendo l'inconscio qualcosa di assolutamente non dominabile. Viene da pensare che possa esistere una 4a ferita inferta dal 3° millennio, e che avverte l'uomo che sta perdendo anche il suo corpo, anche il suo specifico, essendo la carne qualcosa di non peculiarmente umano, ed essendo l'umano forse qualcosa che non spetta più solo alla persona, in quanto bipede dotato di mani. John Frankheim nel suo irrimediabilmente brutto film, "L'isola perduta", sempre di questo anno, offre comunque degli spunti interessanti sul desiderio di fermare la morte e di creare esseri umani (?) superiori. Mostra un luogo in cui non esistono Bene e Male, in cui in realtà vengono fuori solo degli ibridi, al confine tra umano e animale, creature mostruose che prendono il sopravvento e si ribellano ad un Marlon Brando-Dio che voleva dominarli ed educarli. Le deformazioni che si vedono in questo film, tutte le combinazioni possibili che il nostro corpo può subire, con mutazioni genetiche e accoppiamenti, spingono ad interrogarsi su cosa sia veramente umano, e su quali siano i limiti della sua dimensione biologica. Recenti sono i casi di trapianti di teste a due scimmie, o è rimasta famosa la pecora clonata: la natura dell'uomo può venire manipolata (Weaver con sangue acido e forza straordinaria), ricreata, scambiata (Cage/Travolta). Dunque la fantascienza, il futuro assolvono anche ad una funzione conoscitiva:



è in fondo la scienza del possibile, scaturita da quanto sappiamo di noi, sulle creature che ci hanno preceduto nell'evoluzione e su quelle che potrebbero succederci. E allora i mostri della fantasia al futuro forse servono ad allontanare da noi gli spettri del passato, irrisolti. Non scopro niente di nuovo, Kubrick nel 1968 aveva già detto tutto, Ridley Scott, quando esercitava con più senno il suo mestiere, aveva paventato la possibilità di replicanti: ma all'uomo cosa rimane, quando la sua carne è infilzata da microchips (Johnny Mnemonic, ma anche il nostro "Nirvana")? L'uomo, dice Kiarostami, sceglie di morire (forse), si vuole liberare del fardello del suo corpo, vuole giungere alla fine. Anche se nel suo film tutto rimane a metà, tra la morte e la vita, tra la fortissima attrazione per la nicchia scavata nella terra e il sapore del gelso. Il regista iraniano si fissa sul volto dell'uomo su cui campeggiano gli interrogativi di sempre sul destino, sulla vita, sulla libertà, sulla morte. Insomma rimangono le domande di sempre, che dalle tragedie classiche in poi ci portiamo dietro: l'odio, la famiglia, l'onore ("Fratelli" di Abel Ferrara, i cui protagonisti forse non a caso si chiamano Tempio); e la presa di coscienza, il dolore, la responsabilità dell'esserci ("Il dolce domani" di Atom Egoyan): nelle più oscure regioni dell'essere umano riposa tutto il peso del nostro passato a cui non sappiamo rispondere. E non dobbiamo rispondere, dice Egoyan: quando l'avvocato Ian Holm ,mai così gelidamente ambiguo, propone un capro espiatorio (cosa c'è di più tragicamente greco?), da sacrificare in nome di quella strage di bambini e salvare così la comunità intera, che si vedrebbe sgravata dalla responsabilità, la risposta non c'è. Manca l'assoluzione. La macchina da presa si sofferma sul volto di Nicòle, la bambina sopravvissuta, che mente e poi su suo padre, anzi sulle sue labbra, serrate, appunto silenziose. Stanchi di interrogare la nostra esistenza, a cui non riusciamo a dare un senso (che non sia distruttivo "Crash" di David Cronenberg è di un nichilismo inquietante e perverso), spostiamo ad altro la nostra attenzione. Spostamento della responsabilità dell'essere in un altro che è un pezzo sostitutivo del corpo, che è un essere che si crea, che è un essere che immaginiamo e che magari non riproponga gli stessi problemi. In questo portare altrove il cinema anticipa quello che il nostro futuro annuncia; la replicazione, l'innesto, la clonazione, la mutazione; su quello che il nostro passato minaccia: disperazione, odio, dolore, incapacità di agire.



info@baldas.it (prime) visioni
posto unico
incontri ravvicinati
amori in corso
covers
credits
home


5 febbraio 1998
© Copyright 1996-1998, by Baldas & Baldas DIVISION. All rights reserved.
Comments to webmaster.