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3. rifatelo! quattro riflessioni sul remake

di Luca Bandirali

IL CLONE IMPERFETTO

Remake. Rifare. È questo uno dei superpoteri del cinema: tornare a raccontare le vecchie amate storie. Come in una magica zona del crepuscolo in cui la vita si ripete uguale a se stessa fino alla fine del tempo (succede nel romanzo "Morti e sepolti" di Quinn Yarbro), l'umanità di celluloide generata dai cineasti si distribuisce ordinatamente lungo una soglia liminale, per riprendere a vivere, di tanto in tanto, un'esistenza fittizia: non già per calarsi in nuovi giorni (questo accade nel sequel, il seguito di un film di successo), ma per replicare più o meno fedelmente (come a teatro) i caratteri e le vicende che il pubblico ha mostrato di gradire (business, nostalgia, cronica mancanza di idee: sono questi i principali input che inducono al remake).


La memoria è al centro dell'imperfetta clonazione: lo spettatore-fan confronta intere sequenze della versione originale perfettamente impresse nella mente con le analoghe sequenze del remake, e vive con esso un rapporto traumatico, vi trova sovente un che di immorale. In generale però la relazione dello spettatore con lo schermo è caratterizzata da un atteggiamento di distrazione: lo sguardo dello spettatore è infatti formato, educato dal mezzo televisivo. La storia del cinema, attraverso il filtro di questo sguardo, si trasforma in un blocco indifferenziato, in cui il rifacimento ha il sapore dolciastro della sottocultura.

Per approfondire:
Giovanni Sartori Homo videns
John Urry Lo sguardo del turista


UN ESEMPIO: FINO ALL'ULTIMO RESPIRO

Titolo originale: A bout de souffle
Titolo italiano: Fino all'ultimo respiro
Anno di produzione: 1960
Caratteristiche: bianco e nero,89 min.
Regista: Jean-Luc Godard
Attori: Jean Paul Belmondo, Jean Seberg

Un giudizio critico: "A bout de suffle appartiene per sua natura al genere di film in cui tutto è permesso." J.L.Godard

La sequenza dell'omicidio

Esterno sera.
Il ladro d'auto Michel Poiccard (Belmondo) è inseguito da una moto della polizia. La sua automobile si ferma su una sterrata poco distante dalla strada principale.

1. Belmondo, di fronte al cofano aperto dell'auto, armeggia con il motore; quindi volge lo sguardo verso l'imbocco della sterrata, accorgendosi dell'arrivo di qualcuno. (PIANO AMERICANO)
2. Sopraggiunge una moto della polizia. (CARRELLO A PRECEDERE)
3. Belmondo, attraverso il finestrino, fruga il cruscotto. (MEZZO PRIMO PIANO)
poliziotto: "Fermo o sparo!"
4. Belmondo guarda in direzione del poliziotto. (PANORAMICA VERSO IL BASSO IN MEZZO PRIMO PIANO)
5. La mano di Belmondo stringe saldamente una pistola; il pollice tira il grilletto (CARRELLO PARALLELO IN DETTAGLIO)
6. Il tamburo della pistola fa uno scatto. (CARRELLO PARALLELO IN DETTAGLIO)
7. Si sente la detonazione. Il poliziotto si accascia nell'erba. (FIGURA INTERA)
8. Belmondo fugge, a piedi, attraverso i campi. (PANORAMICA IN CAMPO LUNGO)

Dissolvenza in nero.

all'ultimo respiro





Titolo originale: Breathless
Titolo italiano: All'ultimo respiro
Anno di produzione: 1983
Caratteristiche: a colori, 100 min.
Regista: Jim McBride
Attori: Richard Gere, Valerie Kaprisky

Un giudizio critico: "Breathless è una rilettura intrigante di un mito cinematografico con un'ottica tutta sociologica." P.Mereghetti

La sequenza dell'omicidio

Esterno notte.
Dopo un concitato inseguimento con la polizia su una freeway, l'auto del malvivente Jack Burns (Richard Gere) finisce fuori strada.

1. INTERNO AUTO. Gere è sceso dall'auto e raccoglie, attraverso il finestrino, le sue cose sparse sul sedile. C'è anche una pistola. La scena è illuminata improvvisamente dalle luci dell'auto della polizia. Rumore di sirena. (PIANO RAVVICINATO)
2. ESTERNO. Soggettiva di Gere verso il poliziotto che, a una decina di metri da lui, è uscito dall'auto e impugna una pistola.
poliziotto: "Fermo dove sei, vieni fuori dall'auto con le mani bene in vista !"
3. INTERNO AUTO. Gere fissa la pistola sul sedile. (PIANO RAVVICINATO)
poliziotto: "Allontanati dalla macchina!"
4. ESTERNO. Soggettiva di Gere verso il poliziotto.
poliziotto: "Muoviti! Ho detto muoviti, figlio di puttana!"
5. INTERNO AUTO. Gere si volta in direzione del poliziotto. (PIANO RAVVICINATO)
6. ESTERNO. Il poliziotto è pronto a sparare; stringe la pistola con due mani, le braccia tese, le ginocchia flesse. (PIANO AMERICANO)
poliziotto: "Allontanati subito dalla macchina o sparo!"
7. INTERNO AUTO. Il vetro posteriore dell'auto di Gere va in mille in pezzi. Forte detonazione.
8. INTERNO AUTO. Gere ritrae il braccio destro, la mano impugna ancora la pistola; egli guarda l'arma esterrefatto, quindi la lascia cadere sul sedile. (PIANO RAVVICINATO)
9. ESTERNO NOTTE. Gere guarda in direzione della macchina da presa, atterrito. Si muove lentamente, meccanicamente, verso l'auto della polizia; accecato dagli abbaglianti, si fa schermo con le mani. (CARRELLO A PRECEDERE IN MEZZO PRIMO PIANO)
10. ESTERNO NOTTE. Gere osserva il corpo disteso a terra del poliziotto; si abbassa su di lui, si accorge della ferita che gli ha inflitto, tenta di sollevargli la testa. (FIGURA INTERA)
11. ESTERNO NOTTE. Gere si guarda intorno sconvolto, quindi fugge via, a piedi, uscendo dall'inquadratura. (MEZZO PRIMO PIANO)

Dissolvenza incrociata sull'alba.


AUTO-REMAKE: L'UOMO CHE SAPEVA TROPPO

L'imponente opera di Sir Alfred Hitchcock è stata oggetto di venerazione e di studio da parte di film-maker diversi per formazione, età, qualità artistiche: l'esegeta più accreditato del maestro inglese è senz'altro Brian De Palma, che ne ha ereditato ossessioni, virtuosismo, versatilità. Quasi nessuno può dire di non aver "rubato" nulla ad Hitchcock: è anzi lui stesso ad attingere alla propria filmografia, quando nel 1956 gira "L'uomo che sapeva troppo", esempio insuperato di auto-remake. La versione originale, del 1934, era stato il suo primo grande successo in Europa: il rifacimento ne consolida la fama mondiale. La prima pellicola si avvale di un grande Peter Lorre, fresco reduce dal celebre "M-Il mostro di Dusseldorf"; i richiami al cinema di Fritz Lang e in generale all'esperienza espressionista sono piuttosto evidenti.

hitchcock

L'intreccio è estremamente valido, ricco di spunti: una vicenda di spie, intrighi, rapimenti con l'Uomo Comune al centro dell'azione, proprio come in "Intrigo internazionale" e "La finestra sul cortile".
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hitchcock

Ciò che costituisce però l'elemento distintivo del film è il grande lavoro del regista sul contrasto (le nevi svizzere dell'incipit/la Londra caotica del prosieguo) e l'accento sui suoni del film (il celebre colpo di piatti che copre lo sparo durante un concerto al Royal Albert Hall).
È interessante notare come l'auto-rifacimento hitchcockiano modifichi taluni aspetti della messa in scena senza perdere di vista i tratti salienti dellla prima versione, anzi dando loro una forza che non possedevano in questa misura.
Intanto la prima parte della vicenda si svolge a Marrakesh, a sottolineare la distanza fisica e culturale con la Londra della seconda parte; questa scelta consente al regista di lavorare sul sonoro, contaminato dalle fascinose musiche marocchine.
La partitura musicale è curatissima, la sequenza-climax dell'Albert Hall ha un impatto rinnovato: ecco, forse in questa parola c'è il senso della fortunata operazione dell'Uomo che sapeva troppo, un film che testimonia una capacità rara, quella di sorprendere.


LE RAGIONI DI UN BUSINESS

Non può mancare in questo rapido viaggio nel mondo del già visto un accenno alle mere operazioni commerciali; non per criticare le ragioni del business, ma piuttosto per rendere conto degli esiti formali dei più noti deja-vu.

lolita

Il cinema europeo, soprattutto francese, è stato letteralmente saccheggiato nel corso del tempo dalle major companies americane alla ricerca dell'affare: il confronto con gli originali spesso non si pone neppure. In verità il remake hollywoodiano sa essere irritante, basti pensare a "Su e giù per Beverly hills", girato nel 1986 da Paul Mazursky, tentativo di satira sociale che prende le mosse da "Boudu salvato dalle acque" di Jean Renoir del 1932: il film si ricorda anzitutto per il colossale miscasting (Nick Nolte fa il bohemienne salvato dal ricco signore, che è Richard Dreyfuss), e non rende davvero un buon servizio all'ottimo Renoir. Sorte analoga tocca nel 1983 a Francois Truffaut, il cui splendido "L'uomo che amava le donne" diventa "I miei problemi con le donne", complice un Blake Edwards poco ispirato. Il primo si distingueva per il tono leggero, la capacità di disegnare la vita di un personaggio, di ritrarne gesti e pensieri; il secondo è un bluff dichiarato e superficiale, incapace di sottrarsi al cliche del dongiovannismo.
È come se nell'appropriarsi del film altrui, questi professionisti del remake si scoprissero distanti dall'idea di cinema intorno alla quale l'autore originale ha




costruito l'intera opera: sovente si rapportano ai tempi e ai luoghi della pellicola originale, e ne hanno rispetto; ciononostante producono il superfluo, ed è un problema di lettura/interpretazione. Se si legge "Getaway!" di Sam Peckinpah come una comune gangster story venata di romanticismo, il risultato non può che essere il fiacco "The getaway", una sorta di veicolo promozionale per l'infelicissima coppia Basinger-Baldwin; se guardando "I diabolici" di Clouzot si apprezza semplicemente un film plumbeo, senza luce e inquietante al punto giusto, ecco che il terribile triangolo amoroso è il terreno di ammiccamenti disgustosi e di quel maledettismo manierato che affligge il celebrato genere noir anni '90 (mi riferisco a "Diabolique", remake prodotto ed interpretato da Sharon Stone nel 1996, con gli incolpevoli Chazz Palminteri e Isabelle Adjani a completare il triangolo).
Voglio dire che l'industria degli studios realizza una produzione cinematografica seriale, standardizzata, omologata verso il basso: quando genera un clone, questo è un clone imperfetto, non già perché differente nella forma, ma perché banalizzato nella sostanza.


lolita


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29 ottobre 1997
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