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le immagini necessarie

2. un luogo comune: il sequel

di Francesca Capobianchi


riciclare è riusare ciò che, in un certo senso è già stato consumato. La riorganizzazione del vecchio per creare il nuovo sembra come un miracoloso ribaltamento della forza della decadenza. Questo rovesciamento può trarre forza dalla creazione di un luogo, di alcuni personaggi, di situazioni che gli spettatori conoscono già, che sono loro familiari.
È in questo rinnovato o riciclato rapporto-con che il pubblico si trova nel già-visto e nel già vissuto, in una calda atmosfera rassicurante. Ci troviamo di fronte al sequel.

batman

Il capostipite della serializzazione è stato "Il Padrino" di Francis Ford Coppola: un'operazione economica colossale, una impresa eccezionale; di richiamo spettacolare, ma soprattutto fondamentale dal punto di vista estetico. I primi due capitoli della saga dei Corleone sono del 1972 e del 1974, e sono appunto i primi a inaugurare il fascino del deja vu, costruito sulla base dei serials televisivi e fondati sul rilancio di prodotti di successo. Dopo "Il Padrino" altri serial sono stati creati sulla stessa idea, magari non affidati alla mano del medesimo regista che ha firmato il primo, è il caso dell'Esorcista, o dello Squalo, di Rocky.
Sul genere film molto spettacolari che si concludono in più episodi, ci sono da ricordare gli episodi di Alien, di Gosthbusters, di "Die Hard", o di Terminator, Speed... In genere a motivo fondamentale della ripetizione per questi grandi film d'avventura è il bisogno o la ricerca di bissare il successo ottenuto dal capostipite.
Nelle nostre sale in questi giorni abbiamo il secondo episodio di Spielberg, che segue al film del 1983, Jurassick Park e la serie di Batman, inaugurata da Tim Burton (1989 e 1992), e completata da Joel Schumacher (1996 e 1997).
Un esempio illustre del sequel è stato ripresentato l'anno scorso, nella riedizione della trilogia di "Guerre stellari" di George Lucas, appunto da poco restaurato; sempre a cura dei due di Hollywood bisogna citare la saga di Indiana Jones, che si compone di tre episodi del 1980, del 1984 e del 1989.


Per quanto riguarda il film di Spielberg, in particolare, la cui visione è recente, viene spontaneo chiedersi, oltre alla ovvia ricerca di mercato, che fa apparire il film più che altro come una specie di prodotto pacchetto in confezione offerta con tanto di gadget in regalo, che bisogno ha spinto l'autore a ripetersi?
Perché il bisogno di tornare in un luogo già esplorato? Quali tentazioni ulteriori può presentare questo luogo comune?
Dall'accostamento diverso delle stesse soluzioni si cerca risposta ad un problema diverso. In sostanza credo che si tratti di qualcosa come di un montaggio esterno al film, il cui significato non trova completezza nell'unico episodio o soltanto nell'unico episodio, ma si espande, si allarga, si monta insieme a degli altri avvenimenti. Tutto ciò è molto più interessante se si pensa alla forza che acquistano situazioni e luoghi per gli spettatori, per i quali i personaggi non sono più solo i protagonisti di 2 ore di spettacolo, ma dei viventi con un seguito, la cui vita non si è interrotta nel film precedente, ma solo sospesa e facilmente ritrovabile.
Eppure torna ancora l'idea del luogo comune... cosa crea rispetto ad un discorso? La creazione di una immagine non rimane unica, ma fa da base ad un'ulteriore sviluppo possibile, la creazione di un sostrato espandibile e quindi assolutamente necessario e basilare per il futuro. Riciclando la materia rimane la stessa, la forma cambia e forse anche l'uso di quel nuovo oggetto. Ma importante è che la materia sia la stessa, cioè che ci sia un fondo solido, di una qualche natura maneggiabile e alterabile quanto più possibile, per usi futuri. Tutto ciò all'esterno del film.



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29 ottobre 1997
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