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Pleasantville

di Luca Bandirali


Si moltiplicano le indagini cinematografiche sull'immaginario televisivo; il 1999, anno delle guerre (quella di Spielberg e di Malick, quella di Clinton, ma soprattutto quella della CNN), è fatalmente l'anno di "Truman show", "Ed Tv", "Pleasantville", pellicole che in modi diversi analizzano un linguaggio la cui caratteristica essenziale sembra essere quella della riproduzione della realtà.



Si è detto che con l'introduzione della televisione, il cinema si spogliava di una serie di incombenze, quali appunto la rappresentazione del mondo. Qualcuno s'era illuso, che essendoci una musica senza parole, potesse darsi un cinema senza cose, in grado di affrancarsi finanche dall'istanza narrativa. Sulle reciproche influenze linguistiche dei due mezzi e sul contenuto etico delle immagini riflette garbatamente Gary Ross, regista di "Pleasantville", che anzitutto circoscrive l'analisi allo scenario paleo-televisivo degli anni '50. Il punto di partenza è l'oggi, ma l'immersione nel passato è totale è solo parzialmente reversibile. Due teen-ager degli anni '90 attraversano la soglia dello schermo domestico, risucchiati da un serial per famiglie, in bianco e nero, intriso dello smisurato orgoglio del cittadino per lo standard di vita americano. Quello che trovano a Pleasantville è un'esistenza protetta da ogni tipo di imprevisto, che non contempla l'ipotesi del dolore; la messa in scena di Ross non è semplice ricostruzione, egli risponde (divertito) a tutte le domande che lo spettatore di fiction televisiva almeno una volta si è posto: ma i personaggi dei telefilm non vanno mai in bagno? Nella loro città non piove mai? Non fanno mai un viaggio, anche breve, in un altro paese? La presa di coscienza dei due intrusi è immediata, ed è interessante vedere quali funzioni la regia assegna ai rispettivi caratteri: David, posato e introverso, introduce a Pleasantville il libero arbitrio, riscatta i personaggi dalla coazione a ripetere, apre le porte all'incidente dell'Arte; Jennifer, la sorella vivace, insegna le gioie del sesso agli adolescenti imbranati, incide sulle relazioni, sui comportamenti. L'intrusione dei due ragazzi produce una rottura nel tempo circolare ed amplia i confini del piccolo mondo: la scelta essenziale dell'autore è quella di leggere la vicenda mediante il colore, che s'insinua nella scala di grigi fino ad esplodere nel trionfo cromatico del finale.




Il film non è privo di altri spunti cinematografici piuttosto felici, sebbene isolati nell'impianto generale dall'idea dominante del viaggio nel tubo catodico; se Pleasantville altro non è che l'ipostasi dell'universo diegetico, e l'azione disturbante dei due giovani è l'allusione all'universo extra-diegetico, ossia allo spazio tagliato fuori dall'inquadratura, l'assunto teorico non si traduce in linguaggio, tranne in rari casi (lo stesso problema si notava in "Truman show"): a titolo di esempio si guardi, nelle battute iniziali, come la sequenza di carrelli in avanti che si accompagna ad una disamina delle sciagure del mondo di oggi (ozono, AIDS, disoccupazione), ammetta immediatamente la possibilità di uno sguardo "all'indietro", che è il tema del film. La presenza nel cast di Jeff Daniels, che in "La rosa purpurea del Cairo" di Woody Allen faceva un viaggio inverso (dallo schermo alla realtà), ci permette di affrontare la consueta problematica del meta-cinema: "Pleasantville", rivalutando il tempo lineare dell'esistenza reale, veicola un'idea di rappresentazione eticamente irreprensibile, ossia non ingannevole, che non operi sulla realtà semplificazioni mistificanti. Il cinema si spiega col cinema, e "Pleasantville" mentre riconduce nostalgicamente il mezzo cinematografico alla propria vocazione ontologica originaria, in qualche modo getta anche le basi di una meta-critica che, rileggendo Bazin e mescolando "Videodrome" con "Assassini nati", scriva le nuove pagine del discorso sul cinema contemporaneo.



Pleasantville
di : Gary Ross
USA 1998


Produzione: NEW LINE CINEMA
Scritto da: Gary Ross
Interpreti: : Jeff Daniels, Joan Allen, William H. Macy, Tobey Maguire, Reese Witherspoon, Don Knotts E J.T. Walsh.
Musica: Randy Newman
Durata: 124 min.


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28 aprile 1999

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