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The game: il meraviglioso gioco del cinema
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di Luca Bandirali


Ecco un film che può fare a meno di quelle statuette kitsch chiamate Oscar: è The game di David Fincher, vera sfida alla mente dello spettatore, sconvolgente parabola umana densa di rimandi squisitamente cinematografici. Le molte anime di un autore eclettico come Fincher, allevato alla IL&M di George Lucas, riescono ad incontrarsi sul campo aperto dell'invenzione collaborando al progetto arditissimo di una spirale narrativa infinita. Nel precedente "Seven" il regista californiano mostrava una forte predilezione per le atmosfere cupe di un cinema nutrito essenzialmente di ombre, servito al meglio da un maestro della fotografia come Darius Khondji; l'oscurità rimane la cifra dominante del suo stile, che però si sostanzia di elementi nuovi, inaspettati.
The game è il prodotto esemplare di un'arte profondamente coinvolta nell'immaginario di celluloide; mentre altri autori post­moderni optano per la rivisitazione­contaminazione dei generi (Robert Rodriguez, "Dal tramonto all'alba"), Fincher opera nel solco del meta­cinema (il cinema che rappresenta il rappresentare, comunica il comunicare) secondo un approccio diverso, per certi versi affine al De Palma di "Mission: impossible". Il comune denominatore dei due film­makers si chiama Alfred Hitchcock; entrambi girano consapevolmente "Intrigo internazionale", e la lettura incrociata dei loro lavori evidenzia solamente trascurabili differenze di gusto. The game è la macchina del suspence: messa a punto con perizia magistrale, lavora a pieno regime per due ore e cinque minuti senza compiere il minimo errore, rivelando appena il profilo massiccio delle proprie componenti strutturali. Hitchcockiano è l'incedere di una vicenda che si sviluppa nell'arco di tempo di una settimana, e che narra la brusca caduta di un Principe Moderno; hitchcockiana è l'ironia che accompagna le azioni dei personaggi, e che verifica ancor più l'impegnativa proposizione contenuta nel titolo…trattasi infatti di gioco, di elaborata finzione: Michael Douglas è il top manager dei nostri incubi, cinico e materialista così come lo era in "Wall street" di Oliver Stone.
Ma quel tanto di arroganza che ne conforma la fisionomia viene letteralmente annullato dalla forza degli eventi: Douglas è in realtà un buffo, fragile uomo che cade in tutte le trappole che la vita inesorabilmente gli tende. Sir Alfred Hitchcock avrebbe sicuramente scelto, per il personaggio di Nicolas Van Orton, un'attore più alto (i suoi attori lo erano, da Cary Grant a James Stewart), come Harrison Ford, o Tim Robbins. Nulla da dire invece sulla partner femminile, assolutamente splendida; Deborah Kara Unger riunisce le caratteristiche delle mitiche bionde del Maestro inglese: è Grace Kelly, Eva Marie Saint, Tippi Hedren, ed è certo la rotella più preziosa dell'ingranaggio di Fincher, quella che detta i tempi del gioco, per intenderci.


È Unger ad introdurre nel film le gag più dichiaratamente meta­cinematografiche: "Come si esce dall'avventura dell'ascensore?" butta lì ad un esterrefatto Douglas mentre sono intrappolati nella cabina; "Questo è un classico!" afferma risoluta durante una delle numerose e concitate fughe che costellano il film.
Fin dal principio il protagonista maschile è chiaramente senza difese; di fronte alle difficoltà cerca di farsi scudo con gli oggetti del proprio benessere, ma è cosa risaputa che le certezze non albergano nei mocassini da 1000 dollari (l'uno) o nelle camicie button­down. Fa tenerezza vederlo sfoderare il telefono cellulare nei frangenti disperati, esibirsi in conversazioni viva voce mentre sta per subire l'imboscata di un destino beffardo.
La geometria di The game è un prodigio cui contribuiscono in egual misura una solidissima sceneggiatura e l'ottima resa di un montaggio calibrato; Fincher poi si esalta nel realizzare simmetrie tutt'altro che scontate che affascinano per l'esattissima collocazione: il colpo di teatro del finale, che ancora una volta celebra il cinema come morte al lavoro, è la precisa riproduzione del gesto sconsiderato che una pellicola graffiata rappresenta all'inizio del film; il padre rivive nella morte del figlio, ma tutto questo è solo il meraviglioso gioco del cinema.


The Game

THE GAME
di David Fincher
USA 1997


Produzione:Panorama Entertaintment, Polygram Filmed Entertaintment
Scritto da: John D. Brancato, Michael Ferris (III), Andrew Kevin Walker
Interpreti: Michael Douglas, Seann Penn, Deborah Unger
Musica: Howard Shore
Durata: 128 min.


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30 aprile 1998

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