GIOVANI PER UN MONDO UNITO

La Parola di Vita


gennaio 1996

«Ecco, sto alla porta e busso. Se
qualcuno ascolta la mia voce e mi
apre la porta, io verrò da lui, cenerò
con lui ed egli con me»(Ap 3,20).


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Sono le parole dell'Apocalisse con cui Gesù, tramite l'Apostolo Giovanni, si rivolge alla Chiesa di Laodicèa. Nel corso dei secoli, tutti i cristiani hanno sentito come rivolte a loro queste parole di Gesù. Giovanni Paolo II, fin dal primo giorno del suo pontificato, ci esorta: «Aprite le porte a Cristo!»
È un invito a spalancare i nostri cuori a Colui che, solo, può farli traboccare di gioia. La metafora, infatti, della «cena a due» proprio questo vuol significare, e cioé l'abbondanza della gioia e di ogni altro bene che l'unione con Dio porta con sé.
Ma quando e come Gesù parla oggi a ciascuno di noi? Come è possibile, fra tante voci e tanto frastuono, poter riconoscere la sua voce e aprirgli le porte del nostro cuore?
Bisogna anzitutto far tacere le altre voci, quelle che ci turbano, ci preoccupano e ci ingannano. Ma non basta. Occorre sintonizzarci sull'onda della voce di Dio e questo si può fare se ci decidiamo ad amare: a fare dell'amore (l'amore vero, quello cristiano) il nostro stile di vita. Allora potremo sentire quella sua voce sottile, che non si può scambiare con nessun'altra, perché è la sola che da' pace, sicurezza, che ci sprona e ci illumina.
Ci sono poi momenti particolarmente difficili e dolorosi in cui dentro e fuori c'è silenzio e buio. Sono momenti in cui solo la nuda fede nel suo amore ci fa credere che Lui è sempre lì, alla porta e bussa. E attende. Attende un nostro gesto d'amore. Se sapremo abbracciare quel piccolo o grande dolore che è il volto, la veste sotto cui Lui si presenta, al di là del dolore troveremo solo l'amore, la gioia di stare con Lui.


«Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me»

È una Parola che ci richiama ad un ascolto continuo della sua voce.
Ma come fare, immersi come siamo in attività che assorbono tutte le nostre forze e la nostra attenzione? Basterà, all'inizio di una giornata di lavoro, o quando stiamo per dedicarci a qualcosa di impegnativo in famiglia, a scuola, in ufficio, dirgli con tutta la confidenza: «È Te che voglio incontrare in quelle persone, in quella situazione. È a Te, a Te solo, che voglio aprire la porta del mio cuore!».
E allora quella giornata, quel colloquio, quell'impegno acquisterà un'altra dimensione, un altro «sapore», quello dell'incontro con Gesùù che, nel segreto, ci inonda con la dolcezza e la luce della sua presenza.
Gesù, infatti, ci ha svelato un suo modo particolare, un suo «segreto» per vivere questa Parola. È la sua presenza nel fratello o nella sorella, per cui ogni prossimo che incontriamo è un'occasione per aprirgli la porta e comunicare con Lui.
Ma in realtà è Lui ad accogliere noi e a colmarci dei suoi beni. E così,, magari alla fine di una giornata tutta spesa nell'ascolto e nel dono a Gesù nei fratelli, sentiremo traboccare il cuore di una gioia pura e profonda.

«Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me»

In questo mese in cui ricorre la Settimana di preghiera per l'unitù dei cristiani, che ha per suo motto queste parole di Gesù, Egli sta alla porta e bussa, chiedendoci ancora e sempre di ricomporre l'unità visibile e piena della Chiesa. Ascoltiamo dunque la sua voce ed impegnamoci per arrivare alla piena comunione tra le Chiese.
Vivere questa sua Parola farà più vicino il giorno della riconciliazione di tutti i cristiani, anticipando già sulla terra quella cena che ci vedrà tutti riuniti attorno a Lui, quella cena e quella tavola che Lui stesso ci prepara come ha promesso nel suo Vangelo.

Chiara Lubich

Il presente commento ad un brano tratto dalla liturgia del mese è proposto per informare la vita quotidiana viene tradotto in 84 lingue e idiomi, e raggiunge oltre 14 milioni di persone in tutto il mondo, attraverso stampa, radio e televisione.


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